Via Ercole Bassi è una viuzza stretta, a senso unico, che si stacca dalla più importante via De Simoni e va a finire nella piazzetta antistante la chiesa della Beata Vergine del Rosario.
Nonostante la sua piccolezza, è importante per la presenza del Convitto “Piazzi” e per la cappella che si trova sulla curva del tratto iniziale. Quest’ultima fu costruita nel 1918 e venne dedicata alla Madonna Annunziata. Può essere considerata l’ultima delle cappelle che sorgono lungo la Via Valeriana, la stessa che attraversa il piccolo agglomerato della Sassella. Infatti, quell’itinerario è dedicato alla Vergine Maria.
La via Bassi è una strada che da ragazzino percorrevo di rado. Per il semplice motivo che abitavo in tutt’altra zona della città e frequentavo l’oratorio di San Rocco. Mi capitava, però, di camminare in quella viuzza quando mio nonno portava me e mio fratello nella vigna dei Rota, per conto dei quali lavorava da esperto viticultore. Passando vicino alla cappella della Madonna, mi sentivo leggermente a disagio. Chissà perché mi faceva un’impressione di severità, di culto austero, vagamente intimidatorio. Forse era l’architettura, forse era quella sua collocazione urbana, così appartata e ombrosa. Fatto sta che sortiva in me un effetto ben diverso da quello delle “santelle” poste ai crocicchi delle strade di campagna.
Nella vecchia costruzione dell’Istituto venne per un po’ di tempo ospitato l’orfanatrofio maschile. Erano gli anni ’50.
Mio padre Antonio, maestro elementare, insegnò per un anno all’orfanatrofio. Era il periodo del suo passaggio in ruolo. Ricordo che non sembrava contento di quell’esperienza, per lui piuttosto faticosa. Aveva a che fare con bambini difficili, che ne combinavano di tutti i colori. Una volta, aprendo il cassetto della cattedra, fece un sobbalzo. Ci avevano infilato un orbettino. Il rettile guizzava impazzito sulla copertina del registro, cercando una via di fuga.
Durante le mie camminate pomeridiane, qualche volta passo di lì. Non provo più le sensazioni di un tempo. La strada è molto cambiata, per la presenza di nuove case, ed è sempre piena di macchine parcheggiate su un lato. Se non fosse per la cappella e per il vecchio edificio dell’Istituto, si potrebbe considerare l’ennesimo luogo cittadino completamente trasfigurato.
Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica “Bozzetti sondriesi”.